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Questa è una delle mostre più ironicamente poetiche:
Messico-lab!
l'esperienza dei genitori adottivi di una bambina messicana e gli interrogativi sul significato di famiglia, sui ricordi d'infanzia, la paura, l'accettazione della diversità contro la diffidenza.
Guarda il contesto che viviamo, i suoi cambiamenti come le sue resistenze. «Questa mostra - spiegano i due artisti - è come una sorta di lettera a nostra figlia; raccontiamo un po’ di noi stessi, del nostro passato, della società in cui viviamo, del nostro lavoro. Messico famigliare» non si presenta solo come un’esposizione ma anche come luogo che accoglie persone, al di là della loro età anagrafica. Un gruppo di bambini in età prescolare viene infatti coinvolto nella realizzazione dell’opera, un work in progress che si sviluppa attraverso una serie di laboratori condotti dagli artisti e dal Dipartimento Educativo.Qui i bambini sono sollecitati a riflettere sull’idea di casa, sul loro rapporto con lo spazio domestico e attraverso questi temi raccontare storie. A conclusione dei laboratori, sarà presentato il lavoro svolto raccolto in un volume. Per i bambini è stata ideata anche un’installazione di grandi dimensioni «Messico famigliare»: una struttura rovesciata, un ingrandimento abitabile della classica casa giocattolo composta da 4 pareti e il tetto spiovente. Uno spazio pensato dagli artisti come immagine di leggerezza e precarietà nella quale all’esterno, su pannelli di plexiglass, sono incise frasi, luoghi comuni e pregiudizi legati al tema dell’adozione.».
In mostra anche il video «Generalmente le buone famiglie sono peggiori delle altre»: un montaggio di filmati di memorie delle famiglie d’origine dei due artisti. Unracconto per immagini e parole ma anche pieno di vuoti e silenzi. Un viaggio nella memoria, ricordi confusi e frammentati che riaffiorano come un sogno. Un’eredità affettiva
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