mercoledì 30 dicembre 2009

Alla vigilia di un altro sinistro 31 dicembre...

Alla soglia del mio trentaduesimo capodanno sento l’urgenza di fare un bilancio. Macché, non della mia vita, ma dei drammatici, insulsi, raccapriccianti 31 dicembre della mia lunga peregrina esistenza. Da quando ho smesso, piccolina, di addormentarmi sui canapé degli zii, cugini, amici di amici, parenti dei parenti acquisiti e hanno cominciato ad avvicendarsi una serie di tragiche feste capodannesche, tra cenoni, brindisi, e presentatori tv che annunciavano la prossima canzone di Cristiano Malgioglio.
Ricordo il mio primo senza mammà: vestita come Nikita, con ciuffo cotonato ma soprattutto monosopracciglio di rigore, mi accingevo alla mia prima festa notturna insieme ad un manipolo di cugini grandi dall’occhio vigile. Location (tipicamente anni 90): un capannone enorme e freddo (ovviamente sperduto); food and beverages: qualche panozzo sintetico e free fresh lemonade; extras: la mia amica Roberta che limona beata con un ganzo, noto criminale minorenne della bassa brianza, e che viene presa a bottigliate dalla ex fidanzata del suddetto. Risultato: l’emancipazione dal canapé non prometteva nulla di buono.
Dopo questo esordio fecero seguito le prime trasferte con le amiche: evvia alle interminabili passeggiate notturne (gambe in spalla ragazze, siamo giovani!)… Piazza Duomo, Piazza Navona, Piazza Maggiore…2 bottijoni de vino, sciarponi e clarks (anche queste di rigore come il monosopracciglio), a trottare dietro qualche gruppo di saltimbanchi/giocolieri/sinistroidi con il buco nel maglione – di rigore anche questo, manco a dirlo – la di cui morale della favola è presto detta: du chitare, un tamburello e una coperta di ciniglia per gli imboscamenti en plein air (questi ricordi indelebili li devo alla mia amica A., la più comunista delle mie amiche, che ancora non cede al fascino di una nottata in casa, in grazia di dio, a leccare la granella di zucchero da qualche manicaretto impilato sul tavolo).
Per finire, qualche anno dopo, alla ancora-in-voga fase delle feste rimediate all’ultimo minuto: Berlucchi sotto l’ascella, sguardo circospetto, a casa di Maria (chi? Ma guarda che si chiama Laura…ma sei sicura?), ingresso strisciando lungo il muro (tipica movenza da infiltrata), una veloce occhiata alle “locali” (di solito agghindate come educande a palazzo e truccate in perfetto stile rococò), e una più veloce occhiata ai “locali” (di solito delle animelle da oratorio con occhiali da pentapartito), appostate tutta sera al buffet, di spalle, costrette a girarsi (di malavoglia, sia chiaro) verso le 23.55 per incrociare calici con il primo Pierluca della situazione, sfoderando il miglior sorriso della loro faccia (fasullo come un cannolo siciliano fatto a Piacenza).

Ma soprattutto, siori e siori, sognando il capodanno più snob del secolo: nell'amena Foggia, dove un conoscente di P. si esibisce, ogni anno, nella performance del “salto sul petardo”, tradizionale rito scaramantico pugliese dai sicuri effetti anti sfiga.

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